Blog
Cronache dalla città del piano
Cronache dalla città del piano
11/05/2013
Scotch da pacchi, sonagli di ferro, stecchi di legno e tamburelli. Nessun piano suona come quell...
Scotch da pacchi, sonagli di ferro, stecchi di legno e tamburelli. Nessun piano suona come quello di Hauschka. “Una musica talmente suggestiva da produrre visioni”, recita il programma di Piano City. La prima visione è la location: il retro della GAM è illuminato di rosso, il prato verde è affollato di giovani, e sul Main Stage c’è un magnifico pianoforte a coda nero. La seconda visione è la cassa di risonanza del piano, in cui Hauschka si diverte a posizionare gli oggetti sopra citati per cambiare il suono dello strumento. Molto suggestivo il momento in cui svuota nella coda un sacchetto di sonagli di ferro, che zampillano fuori dal pianoforte quando il pianista tocca i tasti. La terza visione è quella provocata dalla sua musica, piena di tensione, che ricorda l’incedere di un treno sulle rotaie o di un conto alla rovescia. Quando poi la coda viene liberata da tutti gli oggetti, e il pianoforte torna a suonare come tale, è una rinascita dello strumento, a dimostrazione che per giocare con le eccezioni bisogna prima conoscere la regola. Tuoni e fulmini dal cielo accompagnano la musica,che sembra interpretare la paura del pubblico di un imminente temporale. Per fortuna il tempo regge, il concerto finisce e Hauschka ringrazia. Piovono applausi. @aleminissi
11/05/2013
«Suonare mi permette di entrare nelle mie emozioni». «La mia nonna ascoltava la classica alla ra...
«Suonare mi permette di entrare nelle mie emozioni». «La mia nonna ascoltava la classica alla radio, mi ha spinto lei verso il pianoforte». Eleonora e Valentina, 17 e 14 anni, hanno appena suonato – insieme ad altri undici allievi della Scuola di musica Cluster – al concerto “Il pianoforte nelle colonne sonore di film famosi”. «Ho sbagliato tante cose, se non si è sentito è meglio», si augura Valentina, studentessa delle medie Mameli. Ha suonato “Le Onde” di Ludovico Einaudi, parte della colonna sonora del film Aprile di Nanni Moretti. L'amica Eleonora invece si è cimentata con “Le Moulin” di Yann Tiersen, le note inconfondibili che accompagnano Amélie Poulain verso il suo Favoloso destino. Poi ci sono “River flows in you” suonato da Luca, un altro pezzo tratto dall'album Le Onde e interpretato da Leonardo, e infine una selezione di brani composti da Ryuichi Sakamoto, premio Oscar nel 1988 per la colonna sonora de L'ultimo imperatore di Bertolucci. «I ragazzi erano tutti emozionatissimi e vogliosi di partecipare», racconta Vicky Schaetzinger, direttrice della Cluster, che ha cento studenti di pianoforte su 500 allievi. «Per il concerto abbiamo scelto colonne sonore scritte appositamente per il piano, non riarrangiate». Il gran finale? Lo suona Federico, ed è il tema principale della Stangata. (Lucia Maffei)
11/05/2013
18 (compositori) x 10 (mani) = 180 (dita). "180 fingers", appunto. Il tutto elevato alla sesta. ...
18 (compositori) x 10 (mani) = 180 (dita). "180 fingers", appunto. Il tutto elevato alla sesta. Una maratona che durerà sei ore, quella cominciata alle 18 di questa sera alla sede della Ricordi Music School di viale Premuda. Al pianoforte, collocato in vetrina, si avvicenderanno fino a mezzanotte 18 musicisti italiani. Il primo è Orlando Mollica, 16 anni, una precoce formazione da autodidatta, che allieta il pubblico con le sue improvvisazioni. Lo segue Fabio Tedde, sardo di nascita ma londinese di residenza, con uno stile che rientra nel genere New Age. E poi, dopo di loro, Alessandro Martire, Matteo Motto, Bianca Bernadinello, Giovanni Gilioli, Giuseppe Califano, Luca Pina, Francesco Nigri, Andrea Carri Simone Anichini, Alessandro De Pieri, Fabrizio Grecchi, Fabrizio Paterlini, Bruno Bavota, Luca Pastorini Varini, Giovanni Palumbo, fino a tarda notte, spaziando tra i più svariati generi, dal jazz al rock passando per la classica. La serata sarà rinfrescata dall'aperitivo allestito dalla fondazione, i cui ricavati andranno all'associazione UnAltroMondo Onlus per la costruzione di un asilo a Dakar, in Senegal.
11/05/2013
“A nome del condominio vorrei ringraziare i nostri ospiti che hanno accettato di suonare qui nel...
“A nome del condominio vorrei ringraziare i nostri ospiti che hanno accettato di suonare qui nel nostro cortile”. Cominciano anche così i concerti di Piano City e in particolare “SIX hANDs THE CITY”. Tre pianisti e un solo pianoforte. Troppo stretti? A sentire loro, non sembra proprio! E “loro” sono Loredana Ferriano, pianista sanremese, Paolo Savio, compositore e direttore d’orchestra e Federico Fuggini, pianista. Il trio è nato nel 2011 su iniziativa della Ferriano con l’intento di trattare il pianoforte secondo una visione orchestrale, non solistica. “Vogliamo farlo suonare al massimo delle sue potenzialità, fargli fare dei suoni che difficilmente riescono a un pianista singolo” spiega Savio. E il repertorio? È molto più ricco di quanto si pensi. Comprende trascrizioni di Savio e composizioni originali per piano a sei mani di autori classici come Liszt, Mozart e Rachmaninov. Si comincia proprio con Mozart, con l’Ouverture de “Le nozze di Figaro” per arrivare a Cornick con i suoi “3 pieces for piano six hands”. Il clou è la “Rapsodia ungherese n.2” di Liszt, applaudita da tutto il pubblico, bambini compresi. E così, un cortile di Via Meucci a Milano si trasforma per un pomeriggio in una piccola sala da concerti. E alla fine: applausi, fiori e merenda casalinga offerta dal condominio! Maria Elena Zanini
11/05/2013
La città del piano arriva al liceo. Nell’aula magna dello scientifico Volta, in via Benedetto Ma...
La città del piano arriva al liceo. Nell’aula magna dello scientifico Volta, in via Benedetto Marcello, si è suonato per tutto il pomeriggio. Alle 16 è cominciato il concerto “Un piano per il Volta”: ed è proprio lo strumento sul palco scenico, un Kawai del 1982, il fulcro dell’evento. La scuola lo ha comprato usato per 7.800 euro (“un affare secondo molti concertisti”) e nel corso dell’anno ha organizzato una serie di concerti per rifinanziarne almeno una parte. Pagano 10 euro gli adulti e 5 gli studenti. Ma non oggi: il “guest concert” nell’ambito di Piano City 2013 è gratuito. Quasi 100 persone – tra cui molti studenti, qualche professore e comuni cittadini - popolano la sala quando Antonio Bonazzo, 43 enne direttore delle attività musicale del liceo, attacca con le sonate 21 e 22 di Beethoven. Suona per un’ora, prima di lasciare il palco a due ventunenni già professioniste del piano: Firmina Adorno, che insegna pianoforte alla scuola francese, suona con passione Chopin e Debussy; poi Miriam Rigamonti si esibisce sulle note di Schumann, Mozart e Brahms. Nel buio della sala il pubblico è ipnotizzato dalla musica. E rompe un silenzio innaturale per una scuola soltanto per applaudire. Prima piano, poi forte. (Francesco Giambertone)
11/05/2013
Può il parcheggio di un'azienda d'illuminazione essere romantico? In certi casi sì. Basta un pia...
Può il parcheggio di un'azienda d'illuminazione essere romantico? In certi casi sì. Basta un pianoforte a coda, nero lucido, un giovane musicista con le ghette e una giornata di sole di quelle che ti fanno passare di mente qualsiasi pensiero. Alle 17 e qualche minuto, Domenico Venezia inizia il suo concerto con "Maple Leaf Rag", un ragtime di Scott Joplin. Il brano, composto nel 1899, divenne un vero e proprio modello per il genere ragtime, un sotto genere della musica jazz che, con il suo ritmo sincopato, fa muovere i piedi e le mani di chi ascolta, creando, per dirlo con le parole di Joplin, «un effetto strado e inebriante». "Maple Leaf Rag" è anche il brano mandato da Venezia alle selezioni di Piano City. Un video di un minuto, una breve introduzione e Venezia viene scelto per suonare nella seconda edizione. E ora eccolo qua, questo giovane pianista neanche ventenne, arrivato a Milano da Matera per studiare design del prodotto industriale all'Università Statale. Autore preferito Paolo Conte, e dieci anni di studio del pianoforte, che continua anche a Milano, ma con le cuffie, «così non disturbo i miei coinquilini». I capelli sono tirati indietro, Venezia è vestito in blu, pantaloni fantasia, cravatta e fazzoletto turchese nel taschino. Potrebbe essere l'attore di un film anni '20 e, in effetti, a un certo punto suona "As time goes by", scritto da Henry Mancini per la colonna sonora di "Casablanca". «Mi vesto tutti i giorni così», dice Venezia. A fine concerto una ragazza si avvicina, gli fa i complimenti per i pantaloni. Tra il pubblico ci sono molti giovani, un bassotto (che rimane sempre in silenzio, tranne quando Venezia suona "La vie en Rose" composta da Marguerite Mannot), e molte coppie che ascoltano rapite, testa contro testa. Nel parcheggio dell'Overlite, vicino alla metro Udine, sembra di essere un po' a Chicago. In repertorio brani classici e romantici: "Unforgettable" di Gordon, "Dream a little dream on me" di Andre, "Moon River" di Henry Mancini. A un certo punto entra nel parcheggio un'Harley Davidson, ignara del concerto. I due motociclisti si guardano intorno allibiti e spengono la moto con aria quasi colpevole. Quella di chi capisce di essere capitato, per sbaglio, in un momento un po' magico. Susanna Combusti
11/05/2013
Una mattina a Milano, il sole, il Castello Sforzesco. E un pianoforte. In questa cornice un po...
Una mattina a Milano, il sole, il Castello Sforzesco. E un pianoforte. In questa cornice un po' fuori dal tempo e dai luoghi comuni, la pianista Elena Romanytcheva ha saputo incantare chiunque passasse per il Cortile della Rocchetta. Da Beethoven a Prokoviev passando per Tchaikovsky, Liszt, con la sua “Consolazione n.3” e Debussy con "La Serenata interrotta" e "Giardini sotto la pioggia". Un'ora di musica ininterrotta. Famiglie, ragazzi, bambini... tutti quanti si sono presi del tempo per se stessi e si sono messi ad ascoltare stupiti e in silenzio la Romanytcheva che suonava per loro. Anche i turisti in visita al Castello Sforzesco hanno abbandonato le loro guide per ascoltare. "Ma che cos'è? Leggi lì: Piano City. Ma che bello!" E alla fine del concerto è stata la Romanytcheva stessa a ringraziare tutti per averla ascoltata e per aver potuto usare "uno dei migliori pianoforti su cui io abbia mai suonato". "È stato davvero incredibile, un'ora bellissima che non ti aspetti di poter vivere qui a Milano" commenta chi ha ascoltato il concerto. E invece, grazie a Piano City, nel week end la musica sarà protagonista come lo è stata questo sabato mattina, per tutto il tempo. Proprio qui a Milano. (Maria Elena Zanini)
11/05/2013
«Ah, lui è formidabile. Formidabile». Tra il pubblico del Circolo filologico milanese si mormora...
«Ah, lui è formidabile. Formidabile». Tra il pubblico del Circolo filologico milanese si mormora così su Julian Layn, che sta per arrivare. «Un'esperienza, un genio». Il compositore appare all'improvviso dal fondo della sala. Indossa uno smoking slacciato, senza giacca, le maniche della camicia arrotolate ai gomiti. Fa un inchino, si siede al piano Yamaha e comincia a suonare. La musica di Julian Layn, svizzero, classe 1968, è quella che immagini di sentire al momento culminante di un film drammatico, quando il protagonista è alle prese con una decisione che gli spezza il cuore, o con un addio. Non attraversa una progressione di intensità, ma investe l'ascoltatore fin dall'inizio e per tutta la durata della performance. Il suo stile unico, Layn l'ha battezzato “heavysonic”. Lui suona quasi curvo sullo strumento, senza spartito e senza mai distogliere gli occhi dai tasti, a volte incrociando le braccia. Sono sette brani in un'ora di concerto, fra questi Saved, If you believe e Thunderstorm. Richiamato dagli applausi, concede un'ultima melodia: quella di Mind the game. Quando scende dal palco l'eco risuona per più di qualche secondo, e la sala sembra ancora piena di musica. (Lucia Maffei)
11/05/2013
62 anni in sette. 11.30 di mattina. A casa Biccelli-Cao, in zona 4, i giovanissimi pianisiti di ...
62 anni in sette. 11.30 di mattina. A casa Biccelli-Cao, in zona 4, i giovanissimi pianisiti di Piano City si sono ritrovati per un delizioso House Concert. Sui tasti bianchi e neri si sono alternati Fabrizia, Marta, Bianca, Jun, Enrico, Francesca e Matteo, con un repertorio che spaziava dagli esercizi di stile a Beethoven e Schumann, passando per Bastien, Mozart e composizioni originali. A presentare il concerto: Antonio Cao, aiutato dalla mamma Giorgia. Nel salotto di casa, di fronte al pianoforte, avevano allestito una platea di 10 sedie e cinque cuscini, risultato: tutto esaurito e gente anche in piedi. Al termine dell'esibizione ufficiale c'è stato spazio anche per due special guests: Ilaria (7 anni) e Kei (6 anni). I piccoli grandi musicisti hanno infine ricevuto un omaggio floreale, come nei migliori teatri, ma soprattutto: un ottimo rinfresco a base di patatine, focacce, torta e aranciata. «Alcuni suonano da anni, altri da pochi mesi, ma tutti condividono questo grande entusiasmo per il pianoforte. È un talento naturale, speriamo di coltivarlo», parola di mamma Cao.@aleminissi
11/05/2013
Sotto il sole di sabato mattina cominciano i concerti di #10 pianos street: dieci vecchi pianofo...
Sotto il sole di sabato mattina cominciano i concerti di #10 pianos street: dieci vecchi pianoforti a muro dipinti a bomboletta da due street artist, Fungo e Zoow24. Intonano una suite “spaziale, concreta, coreografica, colorata, etica, trafficata e improvvisabile per nove pianoforti di tutti i colori più uno”. E’ il tema del ciclo di eventi ideati da Yae, al secolo Sebastiano Cognolato, compositore brillante, che ha scritto la musica. Sabato mattina a suonare la prima parte, “Parade”, ci sono i ragazzi della Ricordi Music School, alle 11 in punto, che strappano applausi e riempiono l'aria. Toccherà ancora a loro alle 18, mentre domenica alle 10.30 e alle 18.45 si esibiranno sui 9 pianoforti pitturati i giovani della Scuola di Musica Antonia Pozzi. 9 pianoforti e non 10, perché l’ultimo è per le improvvisazioni di chi ha voglia di unirsi alla truppa dei suonatori. Che hanno attirato l’attenzione di un centinaio di persone, affascinate da tanto colore, visivo e acustico, sotto il sole di sabato mattina. Anche questo è Piano City. (Francesco Giambertone)
11/05/2013
Comincia da solo con “Aphrodite”, un brano inedito, e le note scivolano nell’auditorium Demetrio...
Comincia da solo con “Aphrodite”, un brano inedito, e le note scivolano nell’auditorium Demetrios Stratos come fuori la pioggia. Poi sul palco di Radio Popolare lo raggiungono Vincenzo Vasi, Alberto Milano e suo fratello Marco, la band che da gennaio gira l’Italia con lui. Sono la sua “famiglia musicale”, dirà poi, e sono una vera band: loro usano chitarre, batteria, xilofono e persino un theremin – una strana scatola che si suona senza toccarla, e a sentirla ricorda un violino –; Remo il piano, che fa veci di “cantante” come Mick Jagger con gli Stones. E si comincia. Le corde del piano si mischiano alle percussioni e alle chitarre: prima un tango, poi ritmi che sembrano jazz; a un tratto s’odono suggestioni orientali ma poi si torna di corsa in America con un colpo di rock, e il pubblico tiene il tempo con le mani. C’è un po’ di tutto tranne la banalità. “Per me il pianoforte è come una cartina geografica, ovviamente è anche un modo per viaggiare”, spiega Remo dal palco. Ma è anche una “donna da conquistare” e lui non è uno che si fa pregare, né dal suo strumento né dalla gente in sala: ci parla, la ringrazia, una volta la saluta per finta ma poi rientra sul palco per un piccolo extra, “Orchidea” – “Questo vi obbliga a comprare almeno un disco!”, scherza, ma dopo il concerto le copie dell’ultimo album “Viaggiatore immobile” troveranno non pochi acquirenti. “Io voglio un po’ sgonfiare il ruolo del pianista che sta da solo sul palco, per questo ho voluto accompagnare il pianoforte a suoni con cui di solito non si accoppia” come le percussioni. L’obiettivo è una musica che vada “diretta al cuore della gente”. Anzovino ha studiato da avvocato a Pordenone, in Friuli, ed è innamorato della musica da quando ha 10 anni (così come il fratello); è divenuto famoso per aver musicato colossi del cinema muto come “Metropolis” di Lang, “Nosferatu” di Muranu o “Diari di una donna perduta” di Pabst, oltre a che aver lavorato per il teatro e la pubblicità. Di lui si dice che è tra i più moderni e trasversali pianisti-compositori italiani. All’auditorium Demetrios Stratos ha portato, a conferma, brani scritti per “Il circo” di Chaplin e “Il cameraman” di Keaton. Di Pianocity riconosce lo spirito, che gli si addice perché anche lui vuole portare la gente alla musica e viceversa. Per far questo, quando suona il piano coinvolge generi e strumenti che sono parte integrante della cultura di oggi, a partire dagli assoli di chitarra: “Per me ormai sono classici anche i Led Zeppelin, e dovrebbero essere studiati nei conservatori al pari dei maestri dell’800”. La musica deve sempre adattarsi al contesto, anche come performance: “Il live dev’essere una festa”, spiega. Quando lascia la sala ovazioni lo salutano, e sembra di stare a un concerto pop: missione compiuta. (Eva Alberti)
11/05/2013
Un piano più forte della pioggia. Anzi, 21 pianoforti, contro un diluvio che vorrebbe rovinare l...
Un piano più forte della pioggia. Anzi, 21 pianoforti, contro un diluvio che vorrebbe rovinare lo spettacolo d'esordio di Piano City Milano 2013. Ma non ci riesce. Le dita dei pianisti battono sui 1848 tasti disponibili all'unisono. Le musiche di Nyman, Rossini, John Cage, Terry Riley e Daniele Lombardi si stagliano sullo scrosciare sempre uguale dell'acqua sul terreno della Besana. La gente, in fila ordinata sotto la pioggia, una volta entrata mostra di apprezzare in un misto di estasi e partecipazione. Il tempo non migliora. Ma la musica, all'interno della Besana, sembra mitigarlo, trasformare tutto in un'oasi sonora che accoglie le tante persone assiepate tutt'intorno ai pianisti, fin quasi a sfiorarli. Piano City è anche questo: far sentire ogni spettatore al centro della musica. Sembra già una piccola magia. Ed è solo l'inizio. (Francesco Loiacono)
10/05/2013
“Chiamate Pisapia e ditegli che Piano City può iniziare”. Con queste parole si conclude alle 1...
“Chiamate Pisapia e ditegli che Piano City può iniziare”. Con queste parole si conclude alle 19.30 la puntata di Caterpillar, dedicata ai pianoforti e a Piano City. Nell’auditorium di Radio 2 hanno portato un maestoso pianoforte a coda. A suonare gli 88 tasti ci sono il torinese Simone Zoja, il pescarese Giorgio Labagnara e soprattutto il Maestro Roberto Cominati. E per fare chiarezza sui temi dello strumento c’è Nicola Pedone, in prestito da Radio 3. In pieno stile Piano City, nel corso della puntata si alternano sulla tastiera amatori e professionisti, dando così vita al primo House Concert nella casa di Caterpillar. A fare gli onori di casa ci pensano i tre simpatici conduttori Massimo Cirri, Paolo Maggioni e Sara Zambotti. Apre il concerto Simone Zoja, che con i suoi corto circuiti sonori si diverte a mischiare prima Mozart, Schubert e Gershwin e dopo Renato Carosone, Garinei-Giovannini-Rascel e Paolo Conte. È poi il momento di Giorgio Labagnara, 19 anni, studente di ingegneria e pianista, che medita di iscriversi al conservatorio di Milano per diventare compositore e direttore d’orchestra. “Un ricciolo con un abruzzese intorno”, lo definisce Maggioni. Come primo pezzo, il giovane Labagnara propone un arrangiamento personale di “Somewhere Over the Rainbow”. Infine, chiude l’esibizione con un improvvisazione su accordo blues della celebre “Hit the Road jack” di Ray Charles. Se i primi due sono stati reclutati via mail tra gli ascoltatori di Caterpillar, il terzo ospite è invece un virtuoso pianista di indubbio spessore, oltre ad essere anche un pilota di aereo. Stiamo parlando del napoletano Roberto Cominati, che dal Teatro alla Scala di Milano è arrivato a suonare nei più importanti teatri del mondo. Il Maestro, che domenica si esibirà ancora nell’ambito di Piano City, esordisce con il famoso motivo del film “Nuovo Cinema Paradiso” di Tornatore e conclude con la Danza del Fuoco di De Falla. Per Cominati è la prima volta a Piano City: « trovo che sia un’ottima opportunità, domenica la città è chiusa al traffico e i milanesi possono fare delle passeggiate e intanto ascoltare qualche bel concerto». @aleminissi
06/05/2013
Ci siamo: mancano quattro giorni a Piano City 2013! Questo spazio sarà dedicato ai raccont...
Ci siamo: mancano quattro giorni a Piano City 2013! Questo spazio sarà dedicato ai racconti degli eventi più importanti, curiosi e divertenti di questa seconda edizione. Dall'inaugurazione con Ludovico Einaudi e Filippo Timi agli house concerts, dai concerti nei cortili a quelli dei bambini, i ragazzi della Scuola di giornalismo Walter Tobagi vi porteranno nel cuore di una Milano che per tre giorni si muoverà sulle note di centinaia di pianoforti. I giovani giornalisti useranno gli strumenti del mestiere: articoli, foto, video, interviste ai protagonisti e live tweeting (#pcm2013). Per non perdersi neanche un minuto di quello che succederà nei 50 luoghi di Piano City. Seguiteli in questo viaggio nella città del piano!
L'accesso all'area press è riservato.
Se sei già in possesso della password clicca su prosegui, altrimenti puoi richiederla scrivendo a ufficiostampa@pianocitymilano.it